La mia vita ha mille vite in sé.
La mia faccia ha mille volti.
E più ne esprimo più mi espando.
In questa esistenza non mi sono mai voluto identificare in un ruolo, una professione, un credo, un’appartenenza. Allo stesso modo ho imparato a non identificarmi nel mio nome e cognome, nella linea del mio sangue e nel luogo o nella cultura in cui vivo. Non mi sono mai attaccato alle mie creazioni: tutti i miei progetti, prodotti, imprese e risorse, dopo esser state da me avviate e potenziate, sono state da me lasciate andar via proprio nel momento di maggior successo. Preferisco dedicare le mie energie alla creazione di nuovi pensieri e nuove opere, piuttosto che promuovere, vendere e trattenere le idee e le iniziative già avviate. Non intendo attaccarmi e morire in una idea, un’ideologia, un ruolo, un’etichetta, un titolo, una carica, un mestiere. Amo mettere in discussione e rinnovare le mie idee così come il mio agire. Per questo i cambiamenti non mi fanno paura. Anzi, trovo in essi i semi della vita. Lascio liberi i miei interessi e talenti di fluire e di intrecciarsi così come la vita fa accadere e così, con sempre più facilità, si svelano ai miei piedi le direzioni di ogni nuovo futuro che si apre a me. Ed io riprendo a incamminarmi, con fede, coraggio ed eccitazione. Esploro con curiosità e complicità il mio prossimo “me” che costruirò. Grazie all’apprendistato dell’arte dell’agguato, fin da ventiduenne, ho iniziato a imparare a giocare con le mie maschere con sempre maggiore consapevolezza. Con il passare degli anni è divenuta per me sempre più evidente la possibilità e l’utilità di creare e disfare varie personalità, esattamente come personaggi di scena. Come un attore che per un periodo sperimenta una parte di sé attraverso un personaggio. L’attore non è il personaggio, non crede di esserlo, tant’è che quando esce dalla scena lascia cadere gli abiti del personaggio e torna ciò che è. Quella parte di sé agita con il personaggio viene così conosciuta, evoluta ed integrata. E la coscienza dell’attore cresce, ibera. La mia essenza originaria, Anima, non solo si fortifica in questa giostra consapevole di personalità che le faccio sperimentare, ma riesce a liberarsi e manifestarsi totalmente e in una “coerenza” che non è certo paragonabile alla rigida ed ottusa idea di coerenza egoica che ci lega a idee e cose, restringendo il campo di opportunità e cambiamento e consegnandoci alla morte in vita.
Questo è il motivo per il quale ho conseguito vari ed eterogenei titoli accademici, specializzazioni, cariche professionali ed istituzionali. Per questo ho prodotto ed avviato numerosissime iniziative, imprese, organizzazioni, progetti. Per questo le mie fonti di “guadagno” sono sempre state decine e decine. Per questo ho potuto sempre dedicare tanto tempo ai miei cari, alla terra che amo coltivare, ai libri, alle meditazioni, alla musica e alle danze con amici, ai viaggi, allo sport, ai libri, alle ricerche e alla loro divulgazione. Spesso mi si dice, “ma come fai a fare a tutto ciò che fai?” Generalmente rispondo: “Vado lento, faccio ciò che amo, non aspetto i risultati, non rimugino e mi prendo molto tempo per me”.
È giusto anche che dica che non ho mai voluto accumulare niente, né oggetti, proprietà, cose, danaro e perfino neanche pensioni. Non voglio occuparmi della mia pensione perché sento che ciò porta morte interiore. Sento la puzza lontano un miglio. Innanzitutto il danaro accumulato o fermo crea disfunzioni energetiche e malattie, ma soprattutto sento chiara l’energia vitale che la fame creativa rende attiva, vivida e fertile nel bisogno di provvedere per sé e gli altri nel qui ed ora.
Non ho mai ritirato i diplomi di laurea, mai esposti titoli, certificazioni, diplomi, premi. Non aderisco agli “ordini professionali” perché li trovo semplicemente vergognosi. Non l’ho fatto come commercialista, giornalista, editore, psicologo, naturopata, docente, trainer, counselor, coach, operatore olistico. Le mie referenze le fornisco io, con la mia vita, non un ente che pago per “proteggermi” o darmi privilegi.
Per questo sono sempre stato libero di dire ciò che sentivo e non ho mai esitato ad abbandonare un rapporto, una squadra, un incarico, un’opportunità di qualunque tipo se non confacente alla mia etica e direzione animica.
Sono difficilmente definibile, etichettabile, la mia immagine sfugge a chi non mi conosce personalmente. Da sempre ho cercato di non essere riconosciuto come singolo volto. Preferisco lasciare nel dubbio e creare nuove possibilità di espressione. Aver fatto tante esperienze e mestieri il più possibile lontano dalla politica, e dalla feccia da dove essa proviene, è stata la mia salvezza. Le difficoltà qui in Italia sono enormi se non parteggi per una delle false diverse fazioni partitiche, ma alla fine alla lunga ti premia. Almeno se vuoi essere libero di prenderti la responsabilità del tuo vivere. Lascio a Cesare quel che è di Cesare e mi godo la vita nella mia verità.
STEFANO PETRUCCI
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