Torna il tempo del Sud. Ma attenzione, anche questa volta le trappole dell’occidente sono già disseminate lungo il percorso. Camuffate con la faccia di gente che dice di voler fare le cose per il Sud. Il Sud non ha bisogno che qualcuno continui a (dire di) fare qualcosa “per” il Sud. Piuttosto forse è il mondo intero che ha bisogno di fare le cose “del” Sud, di cambiare facendo le cose “pensate dal Sud”.Il Sud non è malato, non è perennemente “arretrato”. Si, certamente è sempre nelle ultime posizioni nella classifica della gara competitiva del progresso, della ricchezza calcolata da quel ridicolo PIL.Torna il tempo del Sud e purtroppo ce ne accorgiamo anche dal fatto che proliferano le iniziative politiche ed economiche che inseriscono la parola Sud nei loro titoli (fa molto appeal) e proclamano ricette “per” il Sud, per salvare il Sud. Salvare da che? E’ questo il punto! Per non retrocedere nel campionato dell’iperproduzione, del consumismo e della corsa al progresso (?) nessun sud del mondo potrà mai allenarsi abbastanza. Non basteranno mai i dopaggi politici e finanziari e presto, rimasti nelle ultime file, torneranno per noi le flebo. Chi l’ha detto che quella è la strada della civiltà mondiale? Non bastano forse i dati di crisi di sistema mondiale che raccogliamo negli ultimi anni? Dove ci porta il modello occidentale? Dove porta il pianeta, dov’è la nostra felicità, il nostro futuro? Siamo pieni di oggetti, di strass, di luci artificiali e vuoti di speranze, di certezze, di curiosità, di serenità, di amore, di semplicità. La corsa all’inseguimento della velocità fine a se stessa ci sradica e porta via con se il tempo per gustare l’esperienza che è il patrimonio dell’umanità.Siamo sotto flebo dall’unità d’Italia, chissà come mai. Pura coincidenza? Fino ad allora era il Mediterraneo il cuore geo-culturale del mondo. Il Regno delle due Sicilie era di gran lunga più ricco del nord e per ricchezza intendo non solo quella dell’oro e delle merci, ma anche quella culturale, artistica, di civiltà e pensiero. Prima ancora c’era la Roma imperiale, la Grecia, l’Egitto.Il Sud è continuamente messo in soggezione economica e simbolica. Viene regolarmente saccheggiato dal di dentro. E, cosa assai più triste, rischia di vedersi definitivamente saccheggiata la propria identità. Ci hanno convinti di essere arretrati, mafiosi e, quando va bene (con un piglio di sfrontatezza) ci definiscono simpatici, solari, folkloristici insomma. Siamo i giullari di qualcuno e il nostro meraviglioso posto nella terra, un luna park per turisti che ci lanciano le monetine tra le sbarre di gabbie invisibili.Scusate la rabbia, anzi no, non chiedo scusa, perché la rabbia è una reazione tipica di chi sente minacciato il proprio patrimonio genetico del Sud. La rabbia, l’onore e il coraggio sono alcuni dei nostri archetipi che stiamo perdendo sotto l’effetto di quelle flebo drogate. Ma rischiamo di perdere completamente il valore della nostra identità che può segnare la strada non solo al Sud, ma soprattutto a ciò che Sud non è. Ma le flebo hanno sottolineato tanti altri nostri archetipi che virtù non sono: omertà, individualismo, esterofilia. Sono questi i lacci con i quali ci imbrigliamo da soli. Lungi da me a sollevare integralismi del Sud. Il Sud ha bisogno del mondo, perfino della cultura del nord e dell’occidente. Ma soprattutto ha bisogno di tornare a credere nelle proprie forze, nelle proprie ricchezze e soprattutto nello stile di vita che gli è più congeniale. Amore, rispetto e fedeltà per la terra, i suoi tempi e le stagioni. Complicità nell’esplorare attraverso il mare. Lentezza nel accostarsi alle esperienze, nel viverle e condividerle. Consapevole ed umile accettazione del limite. Senso della misura nell’approccio alle verità assolutistiche. Giocosità e serietà nel gustare il cibo, l’eros e la vita. Sapere stare in silenzio e ascoltare senza essere assaliti dall’horror vacui. Saper riconoscere la bellezza e non volerla possedere. Intreccio armonico di lingue, culture, filosofie e religioni. Abilità manuali in cui le tecniche diventano arti. Affidarsi alla saggezza dell’istinto nelle difficoltà ed imprevisti. Ecco solo alcuni dei nostri elementi identitari che dobbiamo proteggere, recuperare e utilizzare come guida. Il Mediterraneo è stato e tornerà ad essere il cuore della civiltà del mondo e, nell’era della comunicazione, fonderà sulla sua capacità di dialogo con le diversità il progetto per un futuro più umano ed un nuovo rinascimento in cui il progresso si misurerà non sull’avere, ma sul sentire.
Nel disegnare il mio personale percorso su questa strada comune ho tracciato un binomio che presto condividerò: il Comunicare Mediterraneo (www.comunicaremediterraneo.com). Sulla via fin da subito ho incrociato “Pensiero Meridiano” di Franco Cassano di cui vi propongo un brevissimo brano:“Il luogo nel quale è possibile dire un sì al mondo è il Mediterraneo. E’ qui che si conserva il segreto della Misura, di quell’accordo tra uomo e natura che si raccoglie nei miti e negli dei greci, nell’architettura della tragedia classica. Il pensiero non è indipendente dal mondo in cui nasce, dalla luce e dalle ombre che trova e il pensiero meridiano è quello che ha conosciuto il sole che si interseca al mare, l’amore per la bellezza, la forza e la sofferenza degli ero, il loro essere insieme sfida al cosmo e parte di esso. In contrasto con quel sì, quella tradizione di accordo solare, sta il pensiero settentrionale, spinto dalle sue tenebre verso un insanabile desiderio di rivalsa. Il protagonismo dello spirito, il suo autonomizzarsi e contrapporsi alla natura è un processo che nasce dalle drammatiche necessità di un mondo in cui l’ambiente si presenta subito come ostile. Non per caso il rapporto di opposizione tra spirito e natura è nato tra l’arsura e i miraggi del deserto; non a caso rinasce a nord dove la natura ridiventa ostile. L’ingresso nella storia dei popoli nordici che non hanno una tradizione di accordo con il mondo reca in sé questa dismisura…”.